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DALL’1 GENNAIO AL 30 APRILE 2019
Autore:Mario Ruggero Gallelli     Data: 30/04/2019  
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Data: 30/09/2005 - Anno: 11 - Numero: 3 - Pagina: 36 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

IO NON SONO DI BADOLATO

Letture: 1218               AUTORE: Fausto Marcone (Altri articoli dell'autore)        

(Il professore Marcone, abruzzese di nascita ma residente a Milano, dove insegna agli Istituti superiori, a Badolato è quasi di casa, giacché da tanti anni è qui da noi con la famiglia per le vacanze estive. Poiché assiduo frequentatore della nostra Biblioteca Comunale, come gli altri suoi familiari, abbiamo avuto modo di conoscerlo e di stimarlo per alcune sue particolari doti, quali la semplicità, l’assoluta assenza di invadenza nei rapporti con la gente, l’acutezza dell’analisi e la capacità comunicativa. Gli abbiamo chiesto un suo giudizio su Badolato, ed egli ci ha voluto accontentare: leggiamolo.)

“Io non sono di Badolato!”
“Questo non ha nessuna importanza e poi forse non è vero.”
“Ma io sono arrivato dopo!”
“Questo non significa che sei senza colpa.”
“Insomma non potete condannarmi!”
“E invece sì.”
L’immagine sembra svanire e la luce del mattino filtra ormai dalle tapparelle, ma la linea di confine tra sogno e realtà non è ancora stabile e la mente continua a mescolare le due visioni, quella del sogno e quella del presente di veglia appena arrivato. Poi lentamente la realtà prende il sopravvento e con essa il pensiero razionale.
Da dove è nato il sogno? è certamente nato dal racconto sui pescheti di Badolato, scomparsi, racconto che nel sogno mi ha precipitato in una scena di un film di A. Kurosawa, nel quale un bambino viene processato dagli spiriti di un pescheto che è stato distrutto.
Scendevano giù, fino alla marina, i pescheti di Badolato e nelle fioritura era un’esplosione di rosa, una gentilezza della terra al cielo, donata agli uomini, curvi sotto una fatica antica di secoli e secoli. E il profumo dei vagoni e vagoni, che dalla stazione partivano carichi di pesche, vinceva sull’odore acre della ferrovia, dando il primo avviso del saporoso succo dell’estate.
C’è uno spirito del luogo, anzi più di uno, e tra loro discutono e fanno quel luogo. Quando quel luogo viene distrutto, aggressivamente, questi spiriti vengono scacciati e costretti a errare sulla terra e nell’universo, senza pace. Abitano, a volte, polemicamente i sogni.
Quando mi hanno raccontato dei pescheti, ho capito cos’era quel soffio di gentilezza che ancora sale dagli uomini e dalle donne di Badolato, dietro quel parlare concitato, fatto di silenzi lacerati improvvisamente da parole vivaci e aspirate, dietro quel colore scuro di occhi, dietro quelle mani rigide dalla fatica. Era quella sradicata dolcezza, non del tutto passata, ma che scomparirà definitivamente quando morirà l’ultimo uomo che li ricorda. Anche i luoghi muoiono due volte, quando vengono distrutti e una seconda volta quando muore l’ultimo uomo che li ricorda.
Nei miei brevi soggiorni a Badolato parlo con i badolatesi che la mia vacanza mi fa avvicinare. Mi fanno domande e io faccio loro domande, com’è nell’eterno commercio degli uomini. Le loro sono sicuramente più discrete, io cerco molto i loro racconti, i loro ricordi e forse sono più importuno nei confronti della loro terra. Ma a che vale conoscere un uomo se non si conosce la sua terra? Ogni volta mi accorgo che le loro risposte valgono di più, perché presso di loro c’è un’identità da conoscere, mentre la mia, la mia condizione di abitante di una metropoli, di milanese, non è più un’identità, è un essere anonimo sballottato dalle correnti malsane della grande città.
I miei amici e conoscenti di Badolato hanno invece ancora un’identità, e forte, anche se parlano di Internet e sanno navigare bene in esso. E questo loro carattere mi conforta: non c’è solo il mare o le montagne di lontano, il paesaggio, che è ancora integro, è integro anche il paesaggio umano, nonostante i corrugamenti, le asprezze o le dolcezze che un paesaggio umano può avere.
Sento a volte nella loro voce o in chiare parole il desiderio di altro o di un altrove e la mia senilità mi fa scuotere la testa. Poi mi dico che tutti hanno diritto di desiderare e di fare, come è stato anche per me.
Così come, a volte, mi sembra di vedere chiaramente le due anime di Badolato. Una più antica, alta, arroccata su un costone, chiusa a pugno, l’altra marina, più nuova, che vede il mare, ma è attaccata alla strada. La mia speranza è che questa non dimentichi l’altra, perché questo luogo continui ad avere significato.


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